Garibaldi e Montevideo. Dumas Alexandre. Читать онлайн. Newlib. NEWLIB.NET

Автор: Dumas Alexandre
Издательство: Public Domain
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Жанр произведения: Зарубежная классика
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di recare in America i frutti della civiltà europea, fallì nei mezzi d'applicazione in un popolo ancor tardo e fanciullo; volle essere insomma all'America ciò che fu Pietro I alla Russia; ma privo degli stessi elementi, ove quegli riuscì, ei venne manco, sebbene avrebbe potuto riescire dissimulando; ma invece ferì gli uomini nelle loro abitudini, che spesso sono una nazionalità. Schernì i costumi americani, prese a disprezzo la chaqueta (giacchetta) e la chiripa dell'uomo della campagna, e simpatizzando nello stesso tempo per il costume europeo, venne a perdere a gradi a gradi la sua popolarità e il potere.

      Malgrado di tutto questo, molte furono le istituzioni che lasciò in dote alla patria. Il suo governo fu dei più prosperi a Buenos-Ayres. Fondò università e licei, introdusse nelle scuole il mutuo insegnamento. Chiamò i sapienti e gli artisti d'Europa, e n'ebbero le arti e le scienze incremento; per lui infine Buenos-Ayres fu chiamato nella terra di Colombo, l'Atene dell'America del Sud.

      Sorvenuta la guerra del Brasile nel 1826, Buenos-Ayres soccorse alla nazione con ogni sorta di sacrifizi. Assorbite le finanze, disordinata l'amministrazione, indebolito il governo, nacquero i torbidi. Cresceano intanto coi diversi interessi, varie le opinioni tra gli abitanti della campagna e della città. Levatasi Buenos-Ayres a tumulto, la campagna in massa assalì la città, e fe' Rosas suo capo, centro del potere. Eletto egli nel 1830 governatore, malgrado l'opposizione della città, tenta riconciliarsi con essa. Spogliati i selvaggi costumi del Gaucho, come il serpente fa della pelle, finge rifarsi uomo della città. Ma essa resiste, e la civilizzazione sdegna perdonare a un traditore che è passato sotto la bandiera della barbarie. Se avviene ch'egli si mostri in abito militare, è un chiedere sommesso in qual campo di battaglia abbia Rosas guadagnato il suo grado; se parla in qualche convegno, si domanda ove abbia appreso un simile stile; se arriva in una tertulìa (conversazione serale) le donne segnandolo a dito, lo chiamano il Gaucho mascherato. In breve, Rosas è fatto segno dovunque ai pungenti epigrammi, per cui i Porténnos godono alta la fama.

      Questa lotta mortale al suo orgoglio durò tutti i tre anni del suo reggimento, e quando cesse il potere, coll'odio nell'anima e il fiele nel cuore, fatto certo che tra sè e la città era impossibile un componimento, cacciossi di bel nuovo nei suoi fedeli Gauchos, e nelle sue Estancias, di cui era il signore, ma col fermo proposito di rientrare, quando che fosse, dittatore in Buenos-Ayres, come Silla in Roma colla spada in una mano, la fiaccola nell'altra.

      A tal fine egli richiese il governo d'un comando dell'armata che movea contro i selvaggi Indiani. Il governo che lo temeva, avvisando di allontanarlo coll'accedere al suo desiderio, gli diè tutte le truppe di cui gli era fatto disporre, dimentico che correva a rovina accrescendo le forze di Rosas.

      Costui trovatosi a capo dell'armata, promossa una rivoluzione a Buenos-Ayres che lo chiamò al potere, non volle accettarlo che a quelle condizioni, che la forza armata del paese in sue mani poteva imporre, e rientrò in Buenos-Ayres dittatore assoluto, cioè con toda la suma del poder público; colla somma del pubblico potere.

      Fu sua prima vittima il governatore generale Juan Ramon Balcarce, uomo distinto nella guerra dell'indipendenza, e tra i capi del partito federale di cui Rosas si diceva il sostegno. Nobil di cuore e d'una fede nella patria ardentissima, credendo pure le intenzioni di Rosas, s'era molto adoperato alla sua fortuna. Egli morì proscritto; e quando il suo cadavere ripassò la frontiera, la famiglia non potè, per divieto di Rosas, rendergli non solo i pubblici onori d'un governatore, ma neppure gli estremi uffici dovuti al cittadino.

      Il vero potere di Rosas ebbe dunque principio nel 1833. Gli istinti crudeli, che procacciarongli poi una celebrità di sangue, non mostraronsi in piena luce nei primi tempi del suo governo, se ne togli la fucilazione del maggior Montero, e dei prigionieri di San Nicolò. Non è però a tacersi che avvenivano in quel torno alcune morti oscure e inaspettate, che la storia registra severa in lettere di sangue nel libro delle nazioni. Diffatti scomparvero due capi della campagna di cui Rosas potea temer la potenza; morirono del pari in quei giorni Arbolito e Molina. È forse in tal modo che perivano i due consoli che accompagnavano Ottavio alla battaglia d'Azio.

      Ora ci corre debito far più intima conoscenza con Rosas già dittatore, e che nondimeno tocca appena la soglia di quel potere, che non gli fuggirà più dalle mani.

      Nel 1833 Rosas ha trentacinque anni, di aspetto europeo, di biondi capelli, di colorito bianchissimo, di occhi azzurri, porta soltanto la barba tagliata all'altezza della bocca. Bello il suo sguardo se fosse dato giudicarlo, avendo per costume volgerlo a terra anche in faccia agli amici, ch'egli conosce avergli sempre nemici. Dolce la voce, e all'uopo, insinuante la parola; d'animo vigliacco e ferocemente astuto: proclive alle mistificazioni, ne faceva suo scopo esclusivo prima ch'ei s'occupasse di cose più serie; ora gli è una distrazione e nulla più. Come si vedrà da questi due esempi, le sue mistificazioni erano brutali, come il suo carattere che accoppia la scaltrezza alla ferocia.

      Una sera invitato a commensale un amico, nascosto il vino destinato alla cena, lasciò solo sulla mensa una bottiglia di quel Leroy, alla cui fama non manca che l'esser nato al tempo di Molière. L'amico, gustato il liquore e trovatolo abbastanza piacevole, ne votò la bottiglia lungo la cena, mentre Rosas non prese che acqua. Nella notte l'amico ebbe quasi a morirne. Rosas ne rise molto, e se quegli fosse morto ne avrebbe, fuor di dubbio, riso moltissimo.

      Era suo passatempo, allorchè veniva a lui qualche pueblero (abitante della città), costringerlo a salire i più sfrenati cavalli, e la sua gioia era maggiore, se più grave la caduta del cavaliere.

      Nel governo poi tra i più difficili affari, erano suoi consiglieri i giullari e i buffoni. Nell'assedio di Buenos-Ayres nel 1829, avea quattro di questi infelici presso di sè; creatili monaci, erasene, di privata autorità, costituito priore; e li chiamava fray Bygûa, fray Chaja, fray Lechusa, e fray Biscacha11. Amava pure immensamente i confetti, ed aveane nella sua tenda d'ogni maniera, nè con minore affetto li amavano i frati. Or come spesso avveniva che ne mancasse buon numero, Rosas chiamava i fratelli a confessione. Sapendo essi qual premio la menzogna aspettasse, il reo confessava, che spogliato all'istante degli abiti, venia vergheggiato da' suoi compagni.

      Tutti conoscono in Buenos-Ayres, Eusebio il molatto di Rosas, cui un giorno di pubblica festa, prese il talento di fare per lui, ciò che madama Dubbarry faceva a Lucienne del suo negro Zamore; ed Eusebio vestito degli abiti del governatore ebbe a ricevere gli omaggi delle autorità al luogo del suo signore.

      Costui dunque notissimo, lo ripetiamo a Buenos-Ayres, fu vittima d'un capriccio terribile, come solo Rosas può averne. Chiamatolo a sè, accusandolo capo d'una cospirazione per pugnalarlo, ordinò si arrestasse malgrado le sue proteste di devozione. I giudici, cui bastava l'accusa di Rosas, per non inquietarsi se Eusebio era colpevole o no, condannarono l'infelice alla pena del capo. Preparatosi all'estremo supplizio, si confessò e fu tradotto sul luogo dell'esecuzione, ove aspettavalo il carnefice co' suoi ministri. Allora quasi per incanto, comparve Rosas e dicendo al meschino, presso a morir di paura, che sua figlia Manuelita presa d'amore per lui, voleva sposarlo, lo graziò!

      Manuelita al dì d'oggi è sui vent'otto o trent'anni; se non può dirsi una donna bella, è, ciò che val meglio, una piacevol persona, di figura distinta, di tatto profondo, capricciosa come un'europea.

      Come figlia di Rosas, fu fatta segno alle calunnie. La dissero erede dei feroci istinti del padre e dimentica, come quelle figlie di imperatori romani, dell'amore filiale per un amore più tenero e meno cristiano.

      Niente di più falso. Manuelita è rimasta zitella per molte ragioni; Rosas talvolta sente il bisogno d'essere amato, e sa che l'unico su cui possa contare, è l'amor di sua figlia; d'altronde nessuna potente famiglia di Buenos-Ayres cercò di congiungersi col dittatore. Infine è pur da notarsi che Rosas ne' suoi sogni di regno crede veder l'avvenire di Manuelita fecondo di nozze più aristocratiche di quelle abbia diritto a pretendere in questo momento.

      Manuelita non è punto crudele; è anzi noto a tutti coloro cui non offende amore di parte, che dessa è un freno continuo alla collera del padre, sempre pronta ad irrompere. Fanciulla ancora, strappava le grazie da Rosas con un mezzo stranissimo. Spogliato quasi degli abiti il molatto Eusebio, ordinava gli mettessero la sella e le briglie come un cavallo: addattati poi a' suoi piccioli piedi andalusi


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Fray Bigiia, Fray Chajà ecc. – Questi sono nomi proprii di volatili di America; quelli di Lechusa e Biscacha corrispondono ai nostri di Civetta e Becaccia.