Lalande (Girol. de), celebre astronomo, morto in Parigi nel 1807. Madama la contessa de Salm ne ha pubblicato l'Elogio istorico, in 8.º 1810, nel quale alla pag. 16, ella dice, che M. Lalande nel 1751, pubblicò un'opera su la musica col titolo: Principes de la science de l'armonie et de l'art de la musique, che non è alla nostra cognizione. Nel suo Voyage en Italie in 8 vol. in 12º, Lalande ha inserite alcune osservazioni sulla musica di questo paese, ed alquanti aneddoti intorno a' suoi musici. Parlando di Napoli: La musica, egli dice, è in qualche modo il trionfo de' Napoletani: pare che il timpano dell'orecchio è in questo paese più delicato, più forte che nel resto dell'Europa. Tutta la nazione è cantante. Fin qui va bene. Ogni gesto, ogn'inflessione di voce degli abitanti, e anche la maniera della prosodia nelle sillabe conversando, respirano l'armonia e la musica. Il d. Burney, professore di musica inglese, che viaggiando pure per l'Italia venne in Napoli, tratta a ragione di enfatiche coteste espressioni del Lalande; Questa relazione, egli dice, è così lontana dall'esser esatta, che mette il suo lettore nell'alternativa di supporre l'una di queste due cose; o ch'egli non vi ha usata alcuna attenzione, o ch'egli non aveva orecchio in istato di ben giudicare. (Travels, ec. tom. 1).
Lalande (Mich. Riccardo de), cel. compositore francese su i principj dello scorso secolo, nato in Parigi, fu scelto da Luigi XV per maestro di cembalo delle due principesse sue figlie, e ne ebbe il collare dell'ordine di s. Michele. Egli morì in età di 67 anni nel 1726, de' quali 45 avevane impiegati in servigio di Luigi XIV e del suo successore, avendo dato in questo spazio di tempo 60 mottetti a gran cori, oltre molta musica pel teatro. Ne' suoi salmi o mottetti, dice l'ab. Laugier, Lalande ci offre delle bellezze di composizione più meditate e di più studio (che quelle di Camprà). Non vi si trova il naturale grande, facile, grazioso, elegante, ma egli è riuscito eminentemente nel divoto: vi si trova il tenero, il grave, l'augusto, il maestoso, il terribile. Si rimarca in tutto una singolare espressione delle grandi idee della Religione: de' nobili e teneri sentimenti ch'ella ispira a coloro, che profondamente l'hanno impressa nel cuore. (Apolog. de la Mus. franc. p. 128) V. l'artic. Camprà nel 2º tomo.
Lallemant, dottore in medicina e direttore di questa Facoltà in Parigi nel 1751 pubblicò Essai sur le mécanisme des passions en général. In questo trattato, parla degli effetti della musica, ed analizza principalmente la maniera, con la quale il canto e la musica istromentale influiscono sulle passioni.
Lamark (M.). Nel tomo 49, del Giornale di Fisica del 1799 in Parigi, vi ha di costui: Mémoires sur la matière du son, pag. 397.
Lambert (Giov. Enrico), nato a Malhause nel 1728 d'una famiglia francese quivi rifuggita per motivo di religione, coltivò con successo la fisica, le matematiche, la meccanica ed altre scienze. Egli era membro della Società R. di Berlino, nelle cui Nuove memorie nel vol. 31 vi ha di lui: Observations physiques sur les flûtes, an. 1776, Observations sur la vitesse du son. Nel vol. 30, del 1774, Remarques sur le tempérament en musique. “La difficoltà di accordare esattamente per quanto è possibile, le quinte e le terze nell'ottava (egli dice), ha in ogni tempo esercitato i musici sia teorici, sia pratici. Si cercò di giungervi a tastone, senza rimaner soddisfatti di quel che si era trovato, perchè prima dell'invenzione de' logaritmi non era possibile di risolvere metodicamente questo problema. Io impiegherò questi logaritmi per comparare insieme le quinte e le terze, e per avere un termine di comparazione fisso e costante metterò il temperamento medio per base.” M. Chladni loda molto gli sperimenti di M. Lambert nel suo Tratt. d'Acustica, pag. 74, e 310. Lambert morì in Berlino nel 1775.
Lamotta (Martino) siciliano, di cui rapporta Adami da Bolsena nella sua Storia della cappella pontificia, di cui era maestro di musica, che Lamotta nel 1610 era in quella uno dei tenori, dove veniva molto stimato a motivo de' suoi gran talenti.
Lampe (Feder. Adolfo), dottore e professore in teologia a Brema dove morì nel 1729, in età di 46 anni. Egli è autore di un trattato in latino de Cymbalis veterum, Utrecht 1703, in 12º con molti rami: vi si trova erudizione immensa, e sostenuta dalle testimonianze di antichi scrittori.
Lampro d'Eritrea, celebre musico filosofo dell'antichità, ebbe la gloria di essere stato uno de' maestri nella musica di Aristosseno, che fu capo-scuola in questa scienza. Suida dice, che le più pregiate tra le sue opere erano quelle, che egli aveva scritto sulla musica, e che per disavventura si sono perdute. In una di queste opere egli trattava della musica in generale, in un altra De' suonatori di flauto, de' flauti e d'altri stromenti, e finalmente nella terza Sulla maniera di bucare, e costruire i flauti. Egli fioriva cinque secoli innanzi l'era volgare. Non bisogna confonderlo con un altro Lampro di lui più antico, e poeta-musico, di cui presso Platone (in Menex), dice Socrate di avere appreso la musica. Ateneo in oltre rapporta (lib. 1, Deipnos) che da questo Lampro apprese Sofocle la danza e la musica, e Corn. Nepote nella vita di Epaminonda, c. 2, dice che questo Lampro fecesi gran nome tra' musici.
Lampugnani (Giov. Batt.). Milanese, eccellente melodista nella prima metà dello scorso secolo, scrisse la musica di più drammi serj, come l'Ezio nel 1737, il Demofoonte nel 1738, Tigrane nel 1747, e Amor contadino nel 1760. Egli fu il primo che cominciò a lussureggiare negli accompagnamenti delle arie, come dice il Carpani (Lettera 4), e a dare maggior movimento agli stromenti.
Landini (Francesco), cittadino di Firenze divenuto cieco dall'infanzia, si diè per diporto allo studio del canto e de' musicali istromenti specialmente dell'organo, nel quale così valente egli era, che non veniva con altro nome chiamato che Francesco degli organi. Filippo Villani afferma nella sua vita, che al 1364 un re di Cipri il coronò d'alloro in Venezia come il più celebre organista del suo secolo (V. Bettinelli Risorgimento ec. Cap. 3 della Poesia t. 2, p. 150). Fu anche inventore di più stromenti. Egli non occupossi in oltre così della musica, che riuscito non fosse del pari illustre nella grammatica, nella dialettica, e nella poesia sì italiana che latina. Nella biblioteca Riccardiana in Firenze di lui conservansi manoscritti otto latini poemetti. L'ab. Mehus ne ha dato un saggio, come ancora pubblicò un di lui sonetto; alcune sue Rime trovansi sotto il nome di Franc. degli organi nella raccolta dell'Allacci. Lo stile de' suoi versi latini, a giudizio del Tiraboschi, non è di molto inferiore a quello del Petrarca. Morì in Firenze al 1380.
Langlé (Onorato Francesco), nato a Monaco nello stato