Venuti Dal Cielo, Volume 1. Olga Kryuchkova. Читать онлайн. Newlib. NEWLIB.NET

Автор: Olga Kryuchkova
Издательство: Tektime S.r.l.s.
Серия:
Жанр произведения: Научная фантастика
Год издания: 0
isbn: 9788835431961
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vale a dire che i medium offrivano i loro corpi per ospitare temporaneamente lo spirito di una persona defunta affinché si stabilisse un canale di comunicazione tra il mondo dei vivi e il mondo dei morti. Genevieve si considerava una cristiana, e considerava gli spiritualisti e i medium quantomeno degli imbroglioni, se non un prodotto di forze oscure.

      La madre aveva privato Alice di qualsiasi sorta di paghetta, ma di tanto in tanto lei riusciva comunque a procurarsi libri di magia nel negozio giusto. Per Genevieve era un mistero; sua figlia dove si procurava il denaro? E così decise di abbassarsi al punto da osare di seguire la figlia quando la ragazza usciva per una passeggiata. Genevieve non poteva segregare la figlia in casa, perché Alice ormai era adulta.

      E con sua grande sorpresa, Genevieve vide come sua figlia si fosse messa uno scialle colorato sulle spalle, si fosse seduta a un tavolo pieghevole presso uno dei trafficati incroci a tre isolati da casa e avesse cominciato a leggere i tarocchi a chiunque. Così stavano le cose. Il primo impulso di madre fu correre da sua figlia, afferrarle la mano e trascinarla via. Ma si trattenne, decidendo di parlare con Alice quando fosse tornata a casa. Ma le sue parole non ebbero l’effetto sperato su sua figlia. Dopo essersi risposata ed essersene andata da casa, Genevieve sperimentò un sollievo indescrivibile. E mentalmente, lei giurò che non avrebbe mai più oltrepassato la soglia di quella casa.

      E finalmente libera, Alice si sistemò nella casa, al primo piano, utilizzando lo studio di suo padre per ricevere i visitatori e condurre le sedute di comunicazione con gli spiriti. Per trovare clienti, pubblicò annunci su un giornale di dubbia reputazione, in una sezione speciale chiamata “maghi e sensitivi”. Ben presto, Alice ebbe una clientela abituale. E i suoi servizi spesso venivano consigliati con il passaparola.

      William si limitava a sospirare di tanto in tanto, stanco di sentire suonare il campanello continuamente (specialmente di domenica) e di avere estranei in giro al primo piano della casa. Egli ordinava alla domestica di aprire la porta. Ma la donna si lamentava di continuo del fatto che la casa fosse diventata un porto di mare, esprimendo il suo malcontento a William. L’anziana domestica era dispiaciuta che Mrs. Genevieve se ne fosse andata via; con lei presente, Alice non avrebbe mai osato allestire una cosa del genere!

      William era infastidito, il lavoro sul suo nuovo articolo procedeva a rilento. Si era già trasferito nella stanza più lontana, la soffocante mansarda, in modo da non vedere né sentire nulla. E aveva concesso a sua sorella piena libertà d’azione. Ma l’anziana domestica non riuscì a resistere e se ne andò. Alice pubblicò subito un annuncio e trovò una nuova domestica disposta ad aprire la porta di casa per i visitatori. Dopo tutto, loro procuravano solide entrate.

      E quando William, per l’ennesima volta, cercò di parlare con sua sorella della sua attività, a colazione, Alice rispose, con un tono di impaziente obiezione:

      “Dobbiamo manutenere la casa, pagare la domestica, la lavandaia, il giardiniere-fuochista. Mangiare! E a te serve anche un vestito nuovo! Ho dovuto calcolare l’ultimo salario del cocchiere, vendere la carrozza. Il tuo salario non basta affatto per coprire tutte le spese. Se ricordi, nostro padre non ha avuto il tempo di lasciare un testamento. E mamma si è presa tutto. E lei, come sai, non ha intenzione di dividerlo con noi. Quindi, sii paziente, caro fratello!”

      William si depresse. Provò confusione e vergogna: era un uomo adulto, istruito, ma guadagnava molto meno della sua sorella medium. Improvvisamente, un gatto di nome Coon oltrepassò il tavolo, muovendo fieramente la sua folta coda. Fece un giro trionfale nella sala da pranzo, andò da Alice e fece le fusa in maniera invitante, come per chiedere qualcosa di appetitoso. Alice versò un po’ di panna in un piattino, che mise davanti all’animale.

      Coon comparve nella casa dieci anni prima, dopo un viaggio in Scozia dall’epilogo drammatico. Prese il nome da suo padre, per via della soffice coda a strisce, come quella dei procioni. Coon aveva un carattere, un comportamento e abitudini interessanti. Ai bei tempi, gradiva mangiare soltanto il cibo migliore: pesce lesso e in umido, carne tagliata in piccoli pezzi. Ora Alice aveva obbligato la domestica a prendersi cura di lui.

      Tuttavia, Coon era molto affezionato ad Alice. Gli piaceva sedersi nel suo studio e contemplare i visitatori. Le donne gli piacevano molto. Alice credeva che il gatto vedesse gli spiriti e potesse comunicare con loro.

      Ma recentemente, il gatto aveva sviluppato una pessima abitudine: aveva cominciato ad andare in giro di notte. Coon usciva di casa la sera e tornava verso le sei del mattino. E suonava il campanello con una zampa (specificamente, Alice aveva legato un lungo cordino cosicché il gatto potesse arrivarvi facilmente).

      Naturalmente, a causa dell’acuto suono del campanello, fratello e sorella Adamson si svegliavano molto presto. La domestica si precipitava a far entrare il gatto, dicendo:

      “Sei arrivato, caro gatto! Entra! Adesso ti do da mangiare!”

      Coon entrava in casa in modo solerte e si dirigeva in cucina.

      All’inizio William ne rimase infastidito. Non riusciva più a dormire, doveva alzarsi e lavarsi. A colazione rimproverò sua sorella:

      “Il gatto ha suonato di nuovo il campanello! Perché gli hai insegnato a farlo?”

      “Ha imparato da solo,” ribatté Alice. E moralmente osservò: “E poi, coloro che si alzano presto sono benedetti da Dio.”

      William, sforzandosi per contenere l’irritazione, osservò:

      “Non è più semplice fare un piccolo buco nella porta per lui, di modo che possa attraversarla sia di giorno sia, almeno, di notte?”

      Alice grugnì e promise:

      “Rifletterò sulla tua proposta…”

      William provò anche a dormire nella mansarda, nel suo studio. Ma la piccola stanza era soffocante in estate e fredda in inverno. Pertanto, con l’umore di un criminale condannato a morte, restò nella sua camera da letto. E col tempo, si abituò ad alzarsi presto. A volte, subito dopo essersi alzato, provava a scrivere su un taccuino i pensieri che gli venivano in sogno. Tutti quanti riguardavano il prossimo articolo di archeologia scientifica oppure la corrispondenza con Oppert.

      ***

      La giornata iniziò come al solito. Coon svegliò di nuovo gli abitanti della casa con il suono del campanello. La domestica lasciò entrare il felino e gli diede da mangiare. Ormai sveglio, William, chiamando mentalmente il gatto “impudente valigia di pelo”, si alzò e cominciò a lavarsi.

      Presto, fratello e sorella Adamson si sedettero per fare colazione in una piccola sala da pranzo situata al piano terra della casa, accanto alla cucina e alla camera della domestica. La domestica preparò la colazione (era abituata ad alzarsi alle sei del mattino, per cui Coon non le rovinava affatto l’umore).

      Alice, sorprendentemente, sembrava calma e pensierosa.

      “Cos’è successo, cara sorella? È chiaro che c’è qualcosa che ti preoccupa…” le domandò il fratello.

      “Ho fatto un sogno, oggi…” confessò la sorella. “Sembrava che tu avessi trovato un tesoro! E poi alcune persone sono sbucate dall’oscurità… E poi hanno cominciato ad impossessarsi del tuo tesoro, William!”

      Mentalmente, William rimpianse di avere fatto a sua sorella quella domanda: “Oh, perché ho detto quello?! Adesso, lei comincerà a dire che questa non è una buona cosa e che sarebbe necessario leggere le carte…”

      William trovava difficoltà a credere nei “sogni profetici” di sua sorella (sebbene, spesso, fossero un avvertimento). Le sue paure, ahimè, erano pienamente giustificate: l’irrequieta sorella-medium alzò gli occhi in maniera teatrale verso un cielo immaginario (il soffitto) e cominciò a dire, in modo emotivo:

      “Sono sicura che non sia una buona cosa! Devo leggere le carte!”

      E senza nemmeno finire il suo tè, si precipitò, testa avanti, verso il mazzo dei tarocchi. Poco dopo, Ms. Adamson ricomparve in sala da pranzo con in mano i tarocchi, e riprendendo il suo posto, cominciò abilmente a mescolare