«Oh, cavolo. Sul serio?» Amanda lo guardò di traverso con forza sufficiente a far ribaltare un camion.
«Cosa?»
«Hai quella faccia. Quella con cui stai quasi sbavando come se avessi visto la miglior bistecca del mondo. Se ancora ti piacesse la bistecca».
«Non è vero. È solo un uomo di bell’aspetto».
Per fortuna, a Carrington furono risparmiate ulteriori analisi delle sue ossessioni dall’arrivo dell’uomo in questione.
«Grazie di essere venuti, agenti». Tese una mano perfettamente curata. «Heath Armstrong. Sono il proprietario».
Anche la sua stretta era perfetta, non floscia come uno straccio per i piatti né aggressiva come un toro in calore. Carrington si ritrovò a precipitare negli occhi dal blu più luminoso in cui fosse mai caduto, sapendo di avere la bocca spalancata e di star facendo la figura dell’idiota. Pur conscio di questo, non riusciva a rialzarsi dalla picchiata sociale.
«È lei ad aver chiamato, signore?» Ora era Amanda a stringere la mano del proprietario del negozio.
Carrington non si era neppure accorto che si fosse mosso. Si erano presentati? Credeva di sì. C’era un ricordo di una vibrazione nel suo petto, e se avesse blaterato qualcosa di incoerente di certo tutti sarebbero stati a fissarlo adesso. Ma non riusciva a ricordare di aver pronunciato le parole.
«L’ho fatto io, sì». Quegli occhi blu saettarono in giro per il negozio e un perfetto sopracciglio dorato si alzò. «Possiamo andare nel mio ufficio? Preferirei non spaventare i clienti».
Seguirono Armstrong… seguirono le sue spalle larghe e la vita sottile, i pantaloni di flanella grigia che gli cadevano a pennello abbracciando i glutei sodi… oltre gli scaffali fino a una porta dietro la sezione dei libri di cucina, inspiegabilmente fianco a fianco con uno scaffale di manga poco rifornito.
La porta si aprì su un ufficio angusto, con due scrivanie diagonali traboccanti di documenti, cataloghi e buste da lettera. Due consunte sedie da ufficio e una sedia di metallo pieghevole completavano il set.
«Mi spiace per il disordine. L’apertura del negozio ha esaurito tutte le mie risorse. Non mi ha dato ancora molto tempo per sistemare l’ufficio».
Carrington sentì le parole attraverso il filtro di Jupiter di Gustav Holst che gli suonava nella testa. Doveva rimettere sotto controllo la sua materia grigia errante subito, prima di blaterare qualcosa di bizzarro e socialmente inadeguato. «Ha assistito?» Blaterò, sì, ma almeno sull’argomento giusto. «All’, ah, evento».
«Il libro infernale posseduto?» Perfetti denti bianchi lampeggiarono quando Armstrong abbaiò una risata a disagio. «No. Ha attaccato una mia dipendente in magazzino».
Con quello che sperò essere un professionale cenno del capo, Carrington estrasse il suo Blackberry Passport dalla tasca della giacca e aprì il fascicolo di un nuovo caso, i pollici che volavano sopra la minuscola tastiera in un modo che non gli riusciva con una virtuale. Qualcosa nella sensazione tattile dei tasti lo aiutava a tenere più leggero il suo tocco. Dopo il cambiamento, aveva distrutto gli schermi di parecchi telefoni prima di comprendere il problema. Amanda chiamava il suo telefono il Lamborghini, visto che era costoso, ma non lo rompeva. Valeva davvero il suo prezzo.
«Qual è il nome della dipendente, signor Armstrong?»
«Heath».
Carrington alzò lo sguardo con un sopracciglio inarcato. «Anche il nome della vittima era Heath?»
Quei luminosi occhi blu lo fissarono confusi, poi luccicarono quando Armstrong rise di nuovo, stavolta di una risatina calda e corposa che accarezzò la schiena di Carrington. «No, chiamatemi Heath, per favore. La mia dipendente, quella che è stata aggredita dal libro, è Myra Dennis. L’ho mandata a casa, poverina».
Accanto a lui, Amanda inspirò lentamente dal naso. «Era l’unica testimone, e l’ha mandata a casa?»
«Era davvero scossa». Anche quando Heath Armstrong era accigliato, i suoi lineamenti erano perfetti, dalle sopracciglia bionde arcuate alla piccola fossetta del mento. «Posso fare di meglio che darvi una testimone oculare, però. Ho tutto sui filmati della sicurezza».
«Perfetto». Carrington distolse a forza lo sguardo e cercò di aggiungere Myra Dennis ai suoi appunti. In qualche modo, venne fuori come gli occhi più blu. Cancellò esasperato e riscrisse.
«Ci serviranno comunque le informazioni di contatto della signorina Dennis». Grazie a Dio Amanda riusciva a pensare chiaramente per entrambi.
«Certo. Di qualunque cosa abbiate bisogno, agenti, fatemelo sapere».
Quell’occhiata extra nella sua direzione aveva un significato? C’era stato un accenno di insinuazione? Oh, sì, sta andando bene. Tutti i vampiri sono così sagaci. È uno dei nostri superpoteri. Carrington riuscì a riprendere il controllo abbastanza da chiedere: «Prima che vediamo il filmato, hai motivo di credere che il libro sia ancora nel negozio?»
Un affascinante rossore colorò le guance di Armstrong… di Heath. «Non posso esserne certo, ovviamente. Ho chiuso a chiave il magazzino. Ma nei filmati della telecamera… beh, vedrete».
Carrington socchiuse gli occhi per la luce quando lo schermo prese vita. Per quando i suoi occhi sensibili si furono adattati abbastanza da vedere più che macchie sfocate, Heath aveva fatto partire il filmato. Un po’ sgranato, come accadeva spesso con le registrazioni di sicurezza, ma non male. Era chiaro che il negozio aveva delle apparecchiature di alto livello. Il filmato mostrava una donna di mezza età che caricava scatole di libri su un carrello a mano.
«Perché c’è una telecamera nel suo magazzino, signor Armstrong?»
Heath parve scosso dalla domanda di Amanda. «Per proteggere i dipendenti, agente».
«Spiare i dipendenti li protegge?» La voce di Amanda si era addolcita e aveva perso ogni espressione, un segno sicuro del fatto che non fosse contenta.
«Sto molto attento con le assunzioni, ma qualche disonesto potrebbe sfuggire anche alle mie precauzioni. Se ho prove chiare di un dipendente che ruba, quelli onesti non saranno mai sospettati».
Un movimento nell’angolo in alto a destra del filmato colse l’attenzione di Carrington. Tempismo perfetto prima che la conversazione degenerasse. Indicò lo scaffale sopra la testa della donna. «Lì. Hai visto?»
«Visto cosa, Carr?» Amanda si sporse in avanti sopra la sua spalla.
«Aspetta… ecco!»
«Sì. C’è un libro animato, è vero».
Tutti e tre si sporsero verso lo schermo affascinati e inorriditi. Carrington combatté contro la distrazione della spalla di Heath a contatto con la sua, del suo calore che si irradiava come un sole meno ostile. Sullo schermo, un libro dondolava lungo lo scaffale sulle estremità della propria copertina. La donna, allertata dal movimento, alzò di scatto la testa e barcollò indietro di un passo alla vista di un libro semovente. Rimase immobile e il libro le sputò addosso delle parole, lettere fisiche che le colpirono la testa e le spalle.
Se ci fosse stato l’audio, Carrington era certo che l’avrebbero sentita urlare mentre cadeva in ginocchio, entrambe le braccia gettate in alto per proteggersi dalle parole violente.
«Di nuovo, per favore», insistette Carrington. Le parole erano volate troppo veloci perché riuscisse a leggerle. Erano le stesse che avevano aggredito lui o no?
Una mente… Digitò le parole man mano che le distingueva una a una, inclinando la testa quando le lettere sullo schermo si torcevano. Piume… Chiese una terza riproduzione, e un’altra ancora finché non le ebbe tutte.
Una mente di piume, e un cuore di piombo.
Era l’intero insulto scagliato contro Myra, con tanto di punteggiatura. Decisamente diverso dalle parole che gli erano state tirate in testa. Quando