Gioco d'amore
I Sette Vizi Capitali: Lussuria
Sophie Adams
Tradotto da Caterina Magnanelli
“L’Amore è una Scommessa”
Scritto da Sophie Adams
Copyright © 2018 Sophie Adams
Tutti i diritti riservati
Distribuito da Tektime S.r.l.s. Unipersonale
Tradotto da Caterina Magnanelli
Sinossi
Nota dell’autore:
I Sette Vizi Capitali. Sette atteggiamenti umani che vanno contro la legge divina. Sette errori che tutti abbiamo commesso o con cui abbiamo avuto a che fare a un certo punto della nostra vita.
Invidia, Lussuria, Avarizia, Ira, Superbia, Gola, Accidia. Ognuna delle storie che formano la serie è ispirata a una di queste attitudini. Tutti i racconti hanno un inizio, uno sviluppo e una fine, ma possono ricollegarsi a personaggi già conosciuti precedentemente.
In L’Amore è una Scommessa vedremo crescere la lussuria tra un uomo che ha sempre e solo conosciuto il desiderio e una donna con un passato doloroso, restia ad abbassare le sue difese.
Scrivere la storia di Tyler e Blanche è stata un’esperienza speciale e spero che i personaggi arrivino dritti ai vostri cuori.
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Con amore,
Sophie Adams
Lussuria
/lus·sù·ria/
Sostantivo femminile (dal lat. luxuria)
1- Abbandono ai piaceri del sesso; desiderio ossessivo e smodato di soddisfare tali piaceri;
2- Anticamente, con senso più generico, eccesso nel modo di vivere, stravizio.
(Fonte: treccani.it)
Blanche
Emily Crowford è morta. Rimani concentrata, Blanche Deluxe. era ciò che mi ripetevo ogni mattino al risveglio e, mentre guardavo le pareti scrostate e sentivo l’odore di muffa del mio piccolo appartamento in affitto sul lago di Las Vegas, mi pervadeva una grande sensazione di tristezza. Per una donna abituata a vivere in una villa con otto camere da letto nel ricco distretto di Raleigh, nella Carolina del Nord, era tutt’altro che facile tenere alto lo spirito e rimanere ottimista, dato che ora si ritrovava a vivere in un quartiere abitato per lo più da alcolisti, prostitute e spacciatori. Mi ci volevano due ore per arrivare sulla Strip, la strada principale di Las Vegas, che si trovava dall’altra parte della città. Lì facevamo otto ore di prove senza un minuto di pausa per uno spettacolo che sarebbe durato solo un’ora e mezza, dopo di che, dovevo affrontare lo stesso viaggio per tornare a casa, ma con l’aggiunta delle complicazioni dovute all’ora tarda di una città che non dorme mai e i pericoli che si trovavano dietro qualsiasi angolo a quell’ora di notte.
Però non potevo lamentarmi. Poteva andarmi peggio. Per lo meno, avevo cibo in tavola e un tetto sopra la testa, sebbene questo fosse brutto, stretto e stantio. In più avevo un lavoro che mi permetteva di andare avanti.
Mi ricordavo ancora quando arrivai a Las Vegas, poco più di un anno addietro. Dopo la morte di mia madre e la lettura del testamento, persi tutto: la famiglia, il posto da Prima ballerina nel corpo di ballo della città, i soldi, lo stato sociale e il fidanzato. Quella era la parola che usavo per riferirmi a Jacob Mills, il ragazzo il cui nome non meritava di essere pronunciato. Lo stronzo che aveva rubato il mio cuore e poi se n’era andato al primo segno di difficoltà. L’unica cosa che mi era rimasta era la casa, la quale, però, era stata ipotecata per anni, per cui dovetti venderla per poter pagare tutti i debiti, le tasse e le imposte. Con soli duemila dollari in banca e vista come una reietta sociale da tutti coloro che conoscevo da una vita, feci una lista degli stati americani e, attraverso un’applicazione del cellulare, ne scelsi uno casualmente: quello sarebbe stato la mia destinazione. I numeri ruotarono e uscì il Nevada. In meno di ventiquattr’ore mi trovai a viaggiare su un aereo diretto a Las Vegas in economy class, con una valigia firmata, che vendetti quando atterrai, e la pagina per un’audizione in uno dei casinò della città ripiegata nella tasca del giubbotto.
La fregatura più grande di sempre!
Quando arrivai, mi imbattei in ciò che ritenevo la parte peggiore di Las Vegas: gli strip club.
Donne che ballavano nude o semi nude su palchi che erano persino peggiori del mio appartamento, ruotando i propri corpi attorno a un palo e lasciandosi mettere le banconote nelle mutandine. Di ciò che guadagnavano dovevano lasciare il 65% al loro protettore, nonché proprietario del club.
Ammetto che fu un periodo difficile. Lavoravo come cameriera ai tavoli nel ristorante peggiore del mondo, nel lato disgustoso della Strip. Ore e ore in piedi a servire ogni tipo di individui, ad ascoltare le peggiori frasi da rimorchio, a sentirmi dare pacche sul sedere e a venire trattata in modo scortese dai clienti per $1,50 l’ora. Quella storia si ripeteva in ogni bar e in ogni club in cui andavo: potevo essere una ballerina in topless o una cameriera. Tutto ciò che dovevo fare era scegliere tra le due. I soldi stavano terminando, il proprietario del mio appartamento ricoperto di pulci minacciava di buttarmi fuori e non consumavo un pasto decente da cinque giorni; ma, a un tratto, la fortuna cominciò a girare. Riuscii a ottenere delle audizioni per spettacoli migliori. Fu in questo periodo che conobbi Kitty Monroe, una vera showgirl. Con un fisico a clessidra e un viso dietro cui morire, Kitty era sexy proprio come suggeriva il suo nome, faceva eccitare gli uomini e provocava invidia nelle donne. La incontrai per la prima volta in un sudicio casinò nella quale era coreografa e assumeva ragazze per il suo nuovo spettacolo. Mi squadrò dall’alto in basso, le sue labbra, dipinte di un rosso acceso, si storsero in una smorfia di disgusto.
“Mia cara”, disse, “questo aspetto di etereo cigno del lago potrebbe andare bene dalle tue parti, ma qui a Las Vegas per essere una showgirl di successo, devi avere gambe lunghe e ben definite, un sedere rotondo che fa venire la bava alla bocca agli uomini e, cosa più importante, saper muovere i fianchi”.
Non superai l’audizione. La mia statura di poco più di un metro e mezzo, il mio corpo snello e tonico, i miei capelli biondissimi e la mia espressione classica non erano compatibili con la sensualità che Kitty stava cercando. Tuttavia, dopo avermi visto piangere a dirotto come se avessi appena perso la mia migliore amica, accettò di aiutarmi e di trasformarmi in una perfetta showgirl.
Dato che, ovviamente, non potevo allungare i miei arti per passare da un’altezza di un metro e sessanta a una di un metro e settantacinque, Kitty mi sottopose a un programma di allenamento adatto a un soldato che si preparava per la guerra. Le calorie della mia dieta raddoppiarono. L’obiettivo degli esercizi non era più mantenere la muscolatura tonica e sviluppare la resistenza, ma puntare a irrobustire le gambe e il sedere così che, per la prima volta in vita mia, ottenni un corpo talmente formoso che Jessica Rabbit sarebbe morta d’invidia. Kitty mi insegnò come fare movimenti precisi e slanci delle gambe perfetti, movimenti delle anche sensuali e ciò che chiamavo “gonfiare il petto per attirare l’attenzione sulle mie doti”…che non sapevo nemmeno di avere.
Dopo qualche mese mi ero trasformata nella donna perfetta: oltre al mio corpo formoso, avevo