Una volta che ebbero svuotato i piatti, Mallory andò a prendere il dessert. Gelato. Keira aveva mangiato talmente tanto gelato in Italia che era l’ultima cosa che voleva, specialmente il misero sostituto americano che sua madre aveva comprato. Ma Cristiano fu educato come sempre e mentre mangiava fece tutti i commenti appropriati.
“Siete tutti stretti nell’appartamento di Bryn in questo momento?” chiese Mallory.
“Gli ho lasciato il letto,” rispose la sorella, sembrando orgogliosa di aver messo le necessità di qualcun altro davanti alle proprie, forse per la prima volta nella sua vita.
“Perché non rimanete qui?” suggerì la madre. “Keira ha la sua camera da letto.”
“Davvero?” chiese Cristiano, accigliandosi leggermente come se non riuscisse a capire perché Keira avesse preferito il divano della sorella invece della propria stanza.
Lei scosse la testa. “Non è una buona idea,” gli disse sottovoce. “Il viaggio per arrivare a lavoro da qui è una sofferenza.”
“Che cosa sta dicendo?” chiese Mallory a Cristiano ad alta voce. “Fammi indovinare. Il viaggio per andare a lavoro. È sempre quello. Non appena ha lasciato l’appartamento con Zach è andata direttamente da Bryn! Come se io non esistessi nemmeno. E ogni volta che chiedo il motivo, oh, è il viaggio fino a lavoro.”
“Mamma, mi ci vuole più di un’ora per arrivare al lavoro da qui,” ripeté Keira per quella che doveva essere la milionesima volta.
“Un’ora è nella norma,” rispose Bryn. “Prima eri fortunata, con la posizione del tuo appartamento. Ed è stato solo perché Zach ne pagava la maggior parte.”
“Bryn!” Keira la riprese. Poi, incrociando le braccia con testardaggine, aggiunse a voce più bassa: “Era di suo cugino. Tutti e due pagavamo poco d’affitto.”
Cristiano apparve molto confuso. “Chi è Zach?”
“Nessuno,” rispose lei. Lanciò sguardi supplichevoli alla madre e alla sorella, cercando di convincerle a tenere le loro boccacce chiuse almeno per una volta.
Mallory sorrise a Cristiano. “Ti piacerebbe rimanere qui per un po’, vero, caro? Posso mostrarti la zona, domani.”
Keira sgranò gli occhi. “Assolutamente no, mamma. Cristiano ha cose migliori da fare con il suo tempo.” Il pensiero che sua madre l’avesse tutto per sé per una giornata intera la riempiva di panico.
“Quali cose?” ribatté Bryn con una risata. “Qualcuno deve fargli da cicerone. E tenergli compagnia. Sai che potrei sempre farlo io.” Incrociò una gamba snella sopra l’altra.
“No!” disse con maggiore decisione Keira. Non poteva fidarsi di nessuna delle due intorno a Cristiano!
“A dir la verità, mi piacere esplorare da solo,” disse alla fine l’uomo, trovando l’occasione di far sentire la sua opinione. “Per lo meno, faccio così quando arrivo in una città nuova. Se per te fa lo stesso, Mallory?”
“Ma certo,” ridacchiò lei. Poi con un sorriso aggiunse, senza rivolgersi a nessuno in particolare: “È così educato.”
“Ma credo che sarebbe bello approfittare della tua offerta di rimanere qui,” aggiunse lui. “Keira ha potuto vedere casa mia e anche a me piacerebbe vedere la sua vecchia camera.”
Keira sprofondò il volto tra le mani. Era l’ultima cosa che avrebbe voluto che accadesse! Ma poi pensò alla completa mancanza di privacy di cui soffrivano da Bryn. Nonostante avesse offerto loro il letto, erano comunque molto stretti. Senza parlare del rumore e del disordine. Almeno lì sua madre andava a letto presto e avrebbero avuto un po’ di spazio e di privacy.
“Va bene,” rispose alla fine. Non riusciva a ricordare l’ultima volta che aveva dormito a casa della madre. Ma grazie a Cristiano sarebbe successo per la prima volta dopo anni. “Rimarremo.”
“Fantastico!” esclamò Mallory, e riempì nuovamente i bicchieri di tutti con altro vino rosa e dolciastro.
*
Keira e Cristiano condivisero un taxi con Bryn fino al suo appartamento, per poter recuperare alcuni oggetti. Cristiano infilò i vestiti nella sua sacca e Keira radunò i prodotti da bagno, dell’intimo pulito, i suoi trucchi, il profumo e un completo per il lavoro, tacchi inclusi, che non indossava da prima di andare in Italia!
Quando uscirono, Keira fu sollevata che fossero di nuovo solo loro due.
“Mi dispiace per oggi,” disse a Cristiano mentre si accoccolava vicino a lui sui sedili posteriori del taxi.
“Ti dispiace?” chiese l’uomo. “Per cosa?”
“Per la mia famiglia. Sono fuori di testa.”
Lui rise. “In realtà mi piacciono.”
Keira si domandò se per caso intendesse dire che gli piaceva Bryn, ma cercò di non soffermarsi su quell’argomento.
“E sei sicuro che domani starai bene da solo?” aggiunse. “Potrei vedere se qualcuno dei miei amici è in giro per farti compagnia?”
Mentre lo diceva, pensò a Shelby, che era fortunatamente fidanzata. Ma lei sarebbe di certo stata a lavoro. Maxine sarebbe stata libera, ma era single. Keira non si fidava ancora abbastanza della sua relazione da allentare le redini.
“Sono molto sicuro,” confermò Cristiano con decisione. “Ho detto che mi piace esplorare. Ne ho fatto il mio lavoro, no?”
“Sì,” ammise Keira, “ma New York è piuttosto diversa dall’Italia.”
Cristiano si premette una mano sul cuore. “Sono un ragazzone,” disse. “Posso badare a me stesso. Persino a New York.” La baciò delicatamente.
Raggiunsero l’appartamento di Mallory e dopo aver pagato il tassista entrarono, preparandosi per una serata tranquilla sul divano a guardare la TV. Un po’ dopo le nove, il piano di Keira ebbe successo: la madre si ritirò davvero per la notte.
Poi, per la prima volta dopo secoli, riuscì a rilassarsi. Era stata tesa sin da quando erano atterrati a casa. Tra la follia di Bryn, quella della madre e il tour rapidissimo della città, non aveva praticamente avuto il tempo di riprendere fiato. Finalmente avrebbe potuto affrontare quella situazione, riflettere su Cristiano e sul fatto che aveva attraversato mezzo mondo per stare insieme a lei.
Lo baciò, godendosi il suo sapore. Ormai c’era qualcosa di diverso nei loro baci. Una maggiore intensità. Ora che era nel suo territorio, tutto era diventato più reale. Lui si era impegnato nel rapporto e così facendo aveva cambiato le cose per il meglio.
“Immagino che presto vorrai vedere la mia stanza?” chiese, usando la sua voce più seducente.
Cristiano colse subito il tono, sollevando le sopracciglia con eccitata anticipazione. “Certo che lo voglio.”
Lei si alzò dal divano e si chinò, tendendogli la mano.
“Allora farai meglio a seguirmi,” mormorò.
Sorridendo come un gatto che avesse mangiato la panna, Cristiano le obbedì.
CAPITOLO SEI
Keira si svegliò il giorno seguente sentendosi intontita. Ma nel momento in cui si girò e vide il bellissimo volto di Cristiano, sospirò soddisfatta. La notte precedente era stata magnifica, e aveva posto fine ai suoi timori. Era un peccato doverlo abbandonare per andare a lavoro!
Scivolò fuori dal letto, attenta a non svegliarlo, e uscì in corridoio. Era molto buio mentre si muoveva silenziosamente verso il bagno.
Fare la doccia da sua madre