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Indice dei contenuti
MIRACOLO DI NATALE IN CASA SPARAPIFFERI
BABBO NATALE, GLI GNOMI RIBELLI … E LA BEFANA!
LE MINIERE DI BABBO NATALE
(2013)
“ Forza, Tommaso, mettiti a dormire. Altrimenti Babbo Natale non viene.”
I due fratellini, nel buio della loro stanza, si preparavano ad affrontare in modo del tutto diverso la Notte Santa. Il più piccolo e saggio, sotto le coperte, già quasi dormiva, sognando di trovare l'indomani mattina sotto l'albero almeno uno dei giocattoli che aveva dettato alla mamma nella sua letterina.
Il più grandicello e discolo aveva tutt'altri pensieri. Girava voce tra i suoi compagni di classe che Babbo Natale non esistesse - che fosse tutta una messa in scena dei genitori o di qualche parente compiacente - e lui quella notte era deciso a verificarlo. In precedenza aveva legato dei campanellini e dei cucchiaini ad alcuni fili, ed ora stava completando la disposizione di quelle trappole in alcuni punti strategici della sua stanza, a circa un palmo da terra, in particolare tra gli stipiti della porta. Se, come ogni Natale, qualcuno avesse portato i loro regali vicino al loro letto, avrebbe per forza dovuto fare un tale rumore da svegliarlo, e lui avrebbe scoperto la verità.
Si mise sotto le coperte guardingo, con la sua torcia elettrica in mano, deciso a restare sveglio il più possibile. E ad un tratto, durante la notte, gli parve di sentire effettivamente dei rumori provenienti dalle scale. Allora Tommaso aprì l'armadio e vi si infilò dentro, lasciando solo una fessura per guardare fuori.
Passò tanto di quel tempo là dentro, che si può dire un miracolo che non si fosse addormentato. E quando accadde ciò che vi sto per dire, Tommaso fu così preso alla sprovvista che proprio non ebbe modo di reagire. Un omone grande e grosso, vestito di rosso e con una lunga barba bianca, aprì l'armadio, sollevò Tommaso come fosse un bambolotto e lo infilò in un grande sacco.
“Eccolo qui, un altro pezzo da novanta della lista dei cattivi. Altro che regali, si merita. Questo mi voleva fare inciampare, e come minimo mi mandava all'ospedale. Un povero vecchietto come me.”
“No aspetta. Non ti volevo fare del male”, obiettò Tommaso.
“E' inutile che urli. Tanto non ti sente nessuno in questo sacco magico. E comunque io non ti credo. Ma sta pur sicuro che devono ancora passare molti anni prima che io diventi così vecchio e rimbambito da lasciarmi fregare da un moccioso come te.”
Tommaso si accorse di non essere da solo dentro quel sacco. “E tu chi sei? Che ci fai qui dentro?”, chiese all'altro bambino compagno di sventura.
“Sono Mirko. Quando lui è venuto a casa mia ho cercato di spingerlo giù dalle scale, ma non ci sono riuscito”, rispose quello. Poi si sentì il sacco che veniva sollevato, e si spostava sempre più velocemente come se fosse su un treno, o addirittura su un aereo.
Ad un tratto i due bambini ebbero la sensazione di precipitare nel vuoto, e poi si sentirono sballottati a destra e a manca e sempre più giù mentre il loro sacco scendeva per una specie di lungo scivolo liscio liscio come quelli di certi luna-park. Quando si fermarono, furono aiutati ad uscire dal sacco da un altro ragazzino alto all'incirca come loro. (Come dite? Se per caso aveva le orecchie a punta ed un vestito o un cappello rosso o verde? Per le orecchie non saprei dirvi, ma un cappello sono sicuro che no, non l'aveva).
“Forza, dobbiamo raccogliere quanta più roba e il più in fretta possibile, altrimenti alcuni bambini non troveranno dolciumi da mangiare nella calza e sotto l'albero. Quest'anno siamo in forte ritardo.”
E aggiunse - mentre consegnava a ciascuno di loro un grosso cesto, una lanterna a lucciole e delle specie di scalpelli:
“In questa zona ci sono torrone e cioccolata, là in fondo il carbone di zucchero. Ma se non ce la fate, in quelle altre gallerie trovate roba più morbida: biscotti, pandoro e panettone. I punti di raccolta sono ben segnalati. Ah, dimenticavo: più raccogliete, e prima si torna a casa.”
Mirko aveva subito cominciato a sternutire:
“Scusami ma devo allontanarmi. Sono allergico al cioccolato, e qui deve essercene davvero tanto”, spiegò.
Tommaso, ancora incredulo, si era già messo all'opera prima con le mani nude, poi aiutandosi con martello e scalpello, per staccare dalla parete un pezzo di torrone al pistacchio.
“Mmmm, davvero buono”, confidò ad una bambina che si trovava da quelle parti e che aveva già quasi riempito il suo cesto. “Senti un po': ma tu è da tanto che ti trovi qui?”
“Non so esattamente, ma direi di no. Però se vuoi sapere quanto ci rimarremo non saprei dirti. Qualcuno dice che stanotte torniamo tutti quanti a casa; ma quel ragazzo laggiù mi ha detto che si trova qui da mesi. Io però non gli credo. Secondo me è un burlone.”
“Sai che ti dico?” le disse Tommaso mentre il rumore di un altro sacco annunciava l'arrivo in miniera di un altro bambino. “Io non ho poi tutta questa fretta di tornare a casa. Qui ci sono delle cose buonissime, e non vedo perché debba affaticarmi per farle avere ad altri bambini. Intanto comincio a farmi un bel giro e ad assaggiare tutto quello che trovo. E poi vedrò il da farsi.”
E così fece.
Aveva già esplorato diversi cunicoli, assaggiando svariati tipi sia di torroni che di cioccolate. Ad un certo punto si era anche fermato là dove il torrone bianco era più duro, e si era cimentato per diverso tempo con martello e scalpello provando a fare una scultura, a riprodurre il volto di Babbo Natale.
“Mi ci vorrebbe un po' di rosso”, aveva detto