Storia della decadenza e rovina dell'impero romano, volume 7
CAPITOLO XXXVII
Origine, progresso ed effetti della vita monastica. Conversione de' Barbari al Cristianesimo, ed all'Arrianismo. Persecuzione de' Vandali nell'Affrica. Estinzione dell'Arrianismo fra' Barbari.
L'inseparabile connessione degli affari civili ed ecclesiastici mi ha dato motivo ed aiuto a riferire il progresso, le persecuzioni, lo stabilimento, le divisioni, il pieno trionfo e la successiva corruzione del Cristianesimo. Ma ho differito o bella posta l'esame di due religiosi avvenimenti, di conseguenza nello studio della natura umana, ed importanti nella decadenza e rovina del Romano Impero, cioè I. l'istituzione della vita monastica1; e II. la conversione de' Barbari Settentrionali.
I. La prosperità e la pace introdusse la distinzione fra' Cristiani volgari, e gli Ascetici2. La coscienza della moltitudine si contentava d'una larga ed imperfetta pratica di Religione. Il Principe o il Magistrato, il Soldato o il Mercante conciliarono il fervido loro zelo, e l'implicita fede loro coll'esercizio della propria professione, con la cura de' loro interessi, e colla condiscendenza delle passioni: ma gli Ascetici, che volevan osservare i rigorosi precetti dell'Evangelo, e talvolta ne abusavano, furono eccitati da quel selvaggio entusiasmo, che rappresenta l'uomo come un delinquente, e Dio come un tiranno. Essi rinunziarono seriamente agli affari, ed a' piaceri del secolo; rigettarono l'uso del vino, della carne e del matrimonio; gastigarono il proprio corpo, mortificarono le loro passioni, ed abbracciarono una vita di miseria come un prezzo dell'eterna felicità. Nel tempo di Costantino gli Ascetici fuggivano da un Mondo profano e degenerato, ad una perpetua solitudine o società religiosa. Come i primi Cristiani di Gerusalemme3 rinunziarono l'uso o la proprietà de' loro beni temporali; fondarono delle comunità regolari di persone del medesimo sesso, e d'uniforme disposizione; e presero i nomi d'Eremiti, di Monaci e di Anacoreti, esprimenti la solitaria lor vita in un deserto naturale, o artificiale. Essi acquistaron ben presto il rispetto del Mondo, che disprezzavano; e si fece il più alto applauso a questa Divina Filosofia4, che sorpassava, senza l'aiuto della scienza o della ragione, le laboriose virtù delle scuole Greche. In vero i Monaci potevan contendere con gli Stoici nel disprezzo della fortuna, del dolore, e della morte; si rinnovò nella servile lor disciplina il silenzio, e la sommissione de' Pittagorici; e sdegnarono con una fermezza uguale a quella de' Cinici stessi ogni formalità, e decenza della civil società. Ma i seguaci di tal divina filosofia aspiravano ad imitare un modello più puro, o più perfetto. Seguitavano le vestigia de' Profeti, che si erano ritirati nel deserto5; e fecero risorgere la vita devota, e contemplativa, che si era introdotta dagli Esseni, nella Palestina e nell'Egitto. L'occhio filosofico di Plinio aveva osservato con sorpresa un Popolo solitario, che abitava fra le palme vicino al Mar Morto, che sussisteva senza danaro, si propagava senza donne, e traeva dal disgusto e dal pentimento dell'uman genere, un perpetuo rinforzo di volontari associati6.
L'Egitto, fecondo padre di superstizione, somministrò il primo esempio della vita monastica. Antonio7, inculto8 giovane delle parti più basse della Tebaide, distribuì il suo patrimonio9, abbandonò la propria famiglia, e la casa nativa, e compì la sua monastica penitenza con originale ed intrepido fanatismo. Dopo un lungo e penoso noviziato fra' sepolcri, e in una torre rovinata, s'avanzò arditamente nel deserto per tre giornate di cammino all'oriente del Nilo; scoprì un luogo solitario, che aveva i vantaggi dell'ombra e dell'acqua, e fermò l'ultima sua dimora sul monte Colzim, vicino al Mar Rosso, dove un antico monastero tuttavia conserva il nome, e la memoria del Santo10. La curiosa devozione de' Cristiani lo seguitò fino al deserto; e quando fu costretto a comparire in Alessandria in faccia al Mondo, sostenne la sua fama con dignità, e discretezza. Ei godè l'amicizia d'Atanasio, di cui approvò la dottrina; e l'Egizio abitator delle selve rispettosamente evitò un rispettoso invito dell'Imperator Costantino. Il venerabile Patriarca (poichè Antonio giunse all'età di centocinque anni) vide la numerosa progenie, che si era formata, seguitando l'esempio e le lezioni di esso. Le prolifiche colonie de' Monaci si moltiplicarono con rapido progresso nelle arene della Libia, su' massi della Tebaide, e nelle città del Nilo. Al mezzodì d'Alessandria, la montagna ed il vicino deserto di Nitria eran popolati da cinquemila Anacoreti; ed il viaggiatore può tuttavia investigar le rovine di cinquanta monasteri, che furono fondati su quello sterile suolo da' discepoli d'Antonio11. Nella Tebaide Superiore fu occupata la vacante Isola di Tabenna12 da Pacomio, e da millequattrocento dei suoi confratelli. Questo Santo Abbate fondò successivamente nove Monasteri di uomini, ed uno di donne; e la festa di Pasqua riuniva tal volta cinquantamila religiose persone, che seguivano l'Angelica sua regola di disciplina13. La grande e popolata città d'Ossirinco, la sede dell'Ortodossia cristiana, avea destinato i tempj, i pubblici edifizi, e fino le mura a pii e caritatevoli usi; ed il Vescovo, che poteva predicare in dodici chiese, contò diecimila maschi, e ventimila femmine della professione monastica14. Gli Egizi, che si gloriavano di tal maravigliosa rivoluzione, eran disposti a sperare ed a credere, che il numero de' Monaci fosse uguale al resto del Popolo15; e la posterità potrebbe ripetere quel detto, che fu anticamente applicato agli animali sacri del medesimo paese, cioè, che in Egitto era meno difficile di trovare un Dio, che un uomo.
Atanasio introdusse in Roma la cognizione, e la pratica della vita monacale; ed i discepoli d'Antonio, che accompagnarono il loro Primate alla sacra soglia del Vaticano, aprirono una scuola di questa nuova filosofia. Lo strano e selvaggio aspetto di quegli Egizi a principio eccitò dell'orrore o del disprezzo, ma in seguito dell'applauso, ed un'ardente imitazione. I Senatori, e specialmente le matrone, trasformarono i palazzi e le ville loro in case religiose, ed il ristretto istituto di sei Vestali restò ecclissato da frequenti monasteri, che si edificarono sulle rovine degli antichi Tempj, ed in mezzo al Foro Romano16. Un giovane Siro, chiamato Ilarione17, infiammato dall'esempio d'Antonio, fissò l'orrida sua dimora in un arenoso lido, fra il mare ed una palude, circa sette miglia distante da Gaza. L'austera penitenza, nella quale persistè per quarantotto anni, sparse un simil entusiasmo negli altri; ed allorchè il sant'uomo visitava gl'innumerabili Monasteri della Palestina, aveva un seguito di due o tremila Anacoreti. La fama di Basilio18 è immortale nell'istoria monastica dell'Oriente. Con uno spirito, che avea gustato la dottrina e l'eloquenza di Atene, e con un'ambizione da potersi appena contentare dell'Arcivescovato di Cesarea, Basilio si ritirò in una deserta solitudine del Ponto: e si degnò, per un tempo, di prescriver le leggi alle spirituali colonie ch'egli abbondantemente sparse lungo la costa del Mar Nero. Nell'Occidente, Martino di Tours19, soldato, eremita, Vescovo e Santo, fondò i Monasteri della Gallia; duemila de suoi discepoli l'accompagnarono al sepolcro; ed il suo eloquente Istorico sfida i deserti della Tebaide a produrre, in un clima più favorevole, un campione d'ugual virtù. Il progresso dei Monaci non fu meno rapido, od universale, di quello del Cristianesimo stesso. Ogni provincia, ed in fine ogni città dell'Impero era piena de' loro ceti che andavan sempre crescendo: e le aspre e nude isole, che sorgono fuori del Mar Toscano, da Lerino a Lipari, si scelsero dagli Anacoreti, per luogo del loro volontario esilio. Un facile e continuo commercio per mare e per terra univa fra loro le Province del Mondo Romano; e la vita d'Ilarione mostra la facilità, con cui un indigente Eremita della Palestina potè attraversare l'Egitto, imbarcarsi per la Sicilia, fuggire nell'Epiro, e finalmente approdare all'Isola di Cipro20. I Cristiani Latini abbracciarono gl'istituti religiosi di Roma. I pellegrini, che visitavan Gerusalemme, difficilmente copiarono, ne' climi della terra più distanti fra loro, il genuino modello