Viaggio pel lago di Como. Giovio Giambatista. Читать онлайн. Newlib. NEWLIB.NET

Автор: Giovio Giambatista
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Жанр произведения: Зарубежная классика
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Giovio

      Viaggio pel lago di Como

      PREFAZIONE

      Al forastiero, che dottamente curioso viene a visitare l'inclita Como per indi intraprendere il delizioso viaggio del massimo Lario, non può per nostro avviso riescir discaro, che prima di porgergli la descrizione del Lario del conte Giambattista Giovio, gli si offra qualche rapido cenno sull'antica storia di questa gloriosa Città, ed alcuna notizia eziandio dei molti insigni cui ella diede i natali, e di quanto infine v'ha in essa che si meriti considerazione. Però noi stimiamo prezzo dell'opera il farci a brevemente fornirgli siffatte cognizioni, che principalmente dall'opere del mentovato Conte andrem desumendo; al che siamo spinti ancora dal por mente, che ove per avventura il lago burrascoso gli interdica la navigazione, avrà così di che ben impiegar l'ore di sua dimora in Como.

      §. I

      L'origine della Città di Como perdesi, al pari di quella di quasi tutte le altre Città d'Italia, fralle tenebre della più rimota antichità. Cajo Plinio Seniore ne conservò bensì l'opinion di Catone, che attribuì la fondazion di Como agli Orobj; ma lo stesso Catone confessava poi d'ignorare onninamente qual si fosse questo popolo, nè di gran momento è la sentenza di Cornelio Alessandro, il quale stimò gli Orobj derivati dai Greci anche per l'interpretazione del nome, che in greca favella suona abitatori dei monti. Altri celebri eruditi studiaronsi di trovare onde le genti Orobie discendessero; ma troppo mal fermo fu il risultamento delle loro investigazioni: per la qual cosa noi ci accontenteremo di ritenere tanto più antica, quanto più imperscrutabile l'origine di Como.

      Insiem cogli Orobj vennero in seguito, come ne attesta Livio, ad occupar le terre del Lario gli Etrusci o Toscani; i quali poi nell'anno 600 avanti l'Era volgare sconfitti da Belloveso, nipote di Ambigato che reggeva la Gallia Celtica ai tempi di Tarquinio Prisco, dovettero ritirarsi fra quelle contrade, che guardano l'oriente dell'alpi e volgonsi al mezzogiorno: e di tal modo nella region Comasca si stabilirono i Galli Bellovesiani che già Insubri erano denominati, conservandosi però Como per più secoli un popolo distinto ed indipendente nel governo di se stesso.

      Ma nell'anno di Roma 557 Marco Claudio Marcello trionfando degli Insubri e de' Comaschi rese Como soggetta al dominio di Roma. Como sotto i Romani salì in grande dignità acquistando da prima in parte, poi in tutto i diritti e le prerogative della Romana cittadinanza sino a sollevarsi dalla condizione di suddita a quella di partecipe della sovranità. E qui è bello il ricordare i nomi di Pompeo Strabone, padre del gran Pompeo, di C. Scipione, e di Giulio Cesare; perocchè tutti a gara la favorirono e l'onorarono. Notisi altronde contro l'asserzion dell'Enciclopedia all'articolo Como, che i Romani chiamarono questa città Novum Comum per ciò solo, ch'essi vi dedussero nuove colonie, onde ristorarla dai danni, che i Reti vi avevano cagionati.

      Como istette con Roma; finchè venuta l'Italia in poter de' barbari, colla caduta dell'impero Romano nell'occidente, dovette anch'essa, partecipando alle comuni sciagure, passar prima sotto il dominio de' Goti, poi sotto quello dei Longobardi, indi sotto i Franchi, e finalmente sotto la clemente signoria dei Germani.

      È a questo punto, che noi possiamo ravvisare nella Città di Como i destini d'una novella Troja; perciocchè intorno all'anno 1117 a cagione della sanguinosa irruzion de' Comaschi fatta sopra Landolfo Carcano vescovo intruso scese per consiglio del milanese arcivescovo Giordan da Clivio tutta Insubria contro la sola Como, ed appena dopo dieci anni e col soccorso di venti popoli pervenne a domarla. Però ai 27 d'agosto del 1127 i vincitori Milanesi mal serbando la data fede ai resisi Comaschi abbatterono sin dalle fondamenta tutta quanta la misera Città di Como1. In questo disastro perirono ancora i preziosi monumenti, che a' Comaschi restavano della Romana grandezza; il che è a dire come un'arena ed un teatro che a Giulio Cesare sono attribuiti, non che le celebri loggie di L. Calpurnio Fabato: e quindi Como si giacque più anni depressa sino ai giorni di Federico Barbarossa.

      I Milanesi, secondochè narra l'abate Uspergese, l'anno 1156 rinnovarono le rovine di Como; ma i Comaschi fecero poi le loro vendette, quando nel 1162 insiem co' Cesariani e cogli Alleati intervennero alla distruzion di Milano, comandata da Federico.

      Umiliato poscia l'Imperadore alla famosa battaglia di Legnano, i Comaschi si accostarono alla lega, ed ebbero indi parte alla memorabil pace segnata in Costanza ai 25 di giugno dell'anno 1183.

      Il primo avanzo dell'antichità de' secoli barbarici, che al forastiero, il quale muova verso Como, s'appresenti, si è la torre di Baradello, posta sopra una collina che da mezzodì soprasta la città. Questa rocca celebre nelle storie fu edificata da Luitprando Re de' Longobardi l'anno dell'era volgare 724; e venne poi smantellata dal famoso Antonio de Leva generale di Carlo V. nell'anno 1527 non rimanendone che la superba torre, e qualch'altro sfasciume2.

      §. II

      Ma bastino questi brevi tratti sull'antica storia di Como, e passiamo a riconoscere questa terra altrice d'onoratissimi ingegni, non toccandone però che i sommi.

      Egli è ben dritto che per noi si cominci dall'amico di Vespasiano e di Tito, da quegli che conservò la memoria degli antichi miracoli delle belle arti, dal più sapiente indagatore della natura, da Cajo Plinio Secondo3. Nacque egli in Como intorno all'anno XXII. dell'Era volgare; fu per senno e per dottrina la meraviglia de' contemporanei e de' posteri; e il suo genio osservatore lo condusse a morire alle falde del Vesuvio nella ancor giovane età d'anni 564. Rimangono di lui trentasette libri della Storia Naturale, opera avuta costantemente da tutti in grandissimo pregio.

      Nipote e figlio adottivo del memorato è Cajo Plinio Cecilio Secondo. Egli era carissimo a Trajano, di cui scrisse sì alto le lodi; ei fu l'amico di tutti i dotti del suo tempo; e pel suo merito fu decorato delle più cospicue cariche dell'impero sino alla dignità Consolare. Hannosi di lui coltissime lettere, il celebre panegirico di Trajano, ed altre opere stimatissime.

      D'amendue i ricordati Plinj scorgonsi le statue con apposite iscrizioni sulla facciata della superba Cattedrale di Como, onorevoli monumenti consacrati alla memoria di que' sommi dai grati loro concittadini l'anno 1498.

      Nativo di Como è pur Cecilio, poeta dell'aureo secolo, e al cui onore basterebbe il rammentare l'amicizia e la stima, che professavagli Catullo. Da un faleucio indirizzatogli dall'amico Catullo si raccoglie che il poeta comasco avesse incominciato un poema sopra Cibele; e Benedetto Giovio, seguito dal conte Giovanni Battista, è d'opinione, che il poemetto che leggesi nelle poesie di Catullo sopra Ati, sia opera del Comasco Cecilio.

      Ma trapassando Cassio, Cornelio Nipote, Severo, Attilio, Floro, Rutilio, Pomponio e qualch'altro antico, che dal conte Giovanni Battista Giovio s'argomentano Comaschi, io vengo a' chiarissimi fratelli Benedetto e Paolo Giovio. Il primo nacque in Como nel 1471 il secondo nel 1484 da Luigi Giovio e Lisabetta Benzi. Benedetto era tenuto in sì alto pregio, che Andrea Alciato non dubitò d'attribuirgli il dignitoso nome di Varrone della Lombardia; e Carlo V. in Bologna lo dichiarò Conte Consigliere Aulico Cavaliere aurato insiem co' suoi figli, e col fratello Monsignor Paolo. Lasciò moltissime opere, fra le quali una colta Storia Patria. Morì nel 1544, e nelle pareti della Cattedrale di Como esiste tuttavia la nobile sua tomba. Di non minor valore di Benedetto fu pure il di lui fratello Paolo. Scrisse questi infinite opere, di cui le più rinomate sono una Storia generale in 45 libri, le Vite degli uomini illustri, gli Elogi dei grandi uomini, e le Vite dei XII Visconti Sovrani di Milano. È però qualificato celebre storico, che che ne dica in contrario il Dizionario di Bayle; e da Leon X. fu giudicato un Livio novello. Clemente VII. il creò Vescovo di Nocera. Il Duca di Milano, i Farnesi, gli Estensi, i Duchi d'Urbino, i Gonzaghi, e Cosimo de' Medici Duca di Firenze l'ebbero tutti caro, e lo distinsero a gara. Cessò di vivere nel 1552 in età d'anni settantanove.

      Anco a Benedetto Odescalchi, poi Innocenzo XI., diede Como i natali. Ei nacque di Livio, e di Paola Castelli nel 1611; fu da Innocenzo X. eletto Cardinale nel 1645, ed acclamato Pontefice nel 1676. Uscì di vita nel 1689, e il solo suo nome basta a renderlo immortale. Da' Comaschi Rezzonici è altresì oriondo Clemente XIII.

      Voglionsi ora ricordare due celebri Rezzonici. Il primo è il Conte Anton Gioseffo nato in Como nel 1709. Fu Cavaliere di San Jago, Maresciallo di Campo, Gentiluomo


<p>1</p>

La guerra de' Milanesi e de' Comaschi fu rozzamente descritta in un poema latino dal contemporaneo Anonimo Cumano, che vuolsi dell'illustre casa Raimondi; e l'eccidio di Como fu nobilmente cantato dal Conte Carlo Castone della Torre di Rezzonico in un poemetto italiano stampato nel tom. II, p. 135 delle di lui opere.

<p>2</p>

Nella fortezza di Baradello morì miseramente nell'anno 1278 Napo Torriani, fattovi rinchiudere da Otton Visconti in una gabbia di travi. La morte di Napo somministrò l'argomento d'una tragedia al sig. Giovanni Battista Nasi attual R. I. Direttore delle Poste in Como, Pastor Arcade, e Socio di varie accademie. Al sig. Nasi non si può negare facil vena in poesia.

<p>3</p>

I Veronesi sforzansi di contrastare a' Comaschi la pertinenza di Plinio Seniore; ma iscorge affatto vani i loro sforzi chiunque voglia appena consultare le Pliniane disquisizioni del Conte Anton Gioseffo Rezzonico. La pubblica opinione però rese giustizia a Como, e questo Plinio leggesi Comasco nelle tavole cronologiche inserite nel Compendio di Geografia Universale del Guthrie.

<p>4</p>

Vedesi la morte di Plinio dipinta sul sipario del nuovo Teatro di Como. Per altro Plinio su d'un sipario, ed un sipario rappresentante una morte le sono cose, che a molti non sanno troppo quadrare.